“Lui si guarda
intorno e non ha già più terra dove andare, lui si guarda i
piedi e non ha scarpe adatte per continuare a ballare , lui se
guarda il cielo non ha santi a cui telefonare ,lui se guarda il
cielo, il cielo gli fa segno di andare. “ recita una stupenda
canzone di Ivano Fossati, ultimo esponente della famigerata scuola
cantautoriale genovese.
Fossati ha detto stop alla sua carriera, è
uscito dai giochi come Platini, è caduto in piedi. Ha deciso di
smettere la sua parabola artistica per godersi il meritato riposo
dopo anni di fatica. Il verso in questione parla di gente che lascia
il proprio posto d’origine e va a cercar fortuna altrove. 2 milioni
di persone, dal 1990 al 2005, hanno abbandonato il meridione per
andare a lavorare e vivere nel Centro-Nord, e la crisi non era ancora
arrivata. E non si tratta di manodopera, bensì di laureati a
pieni voti, gente che potenzialmente potrebbe far la fortuna del
bistrattato sud. Figure professionali che vanno ad arricchire le
regioni padane. E giù chi resta? I figli dei figli, i soliti
cialtroni, gli ignoranti, i lobbisti, i mediocri, le corporazioni
politiche che di polis non capiscono una mazza. I leccaculo di ogni
colore, che magari si mettono la coppola e arrivano a comandare la
cosa pubblica senza aver nozioni di nulla, senza conoscere la
differenza tra un congiuntivo e un condizionale. Spazio agli asini
patentati. Quasimodo diceva “il Sud è stanco di trascinare morti,
in riva alle paludi di malaria,è stanco di solitudine, stanco di
catene, è stanco nella sua bocca, delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi, che hanno
bevuto il sangue del suo cuore. Per questo i suoi fanciulli tornano
sui monti,costringono i cavalli sotto coltri di stelle,mangiano fiori
d’acacia lungo le piste nuovamente rosse, ancora rosse, ancora
rosse. Più nessuno mi porterà nel Sud”. E mentre il cielo fa
segno di andare, mi fa segno di andare, il famoso tacco d’Italia (già regno di Nichi e i suoi scherani, e dei minuscoli nikiniki, che del governatore di Puglia manco hanno lo spessore e la dialettica) diventa sempre più il culo
d’Italia. Ad maiora.
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