Il delirio
Adolfo Celi è stato uno dei più
grandi attori del cinema italiano e non solo.
L'altra notte, tipo le
3, avevo fame e complice il mio frigo perennemente vuoto, ho fatto
una capatina a casa di mamma, silenziosissimo per non svegliarla, e
le ho svaligiato un tot di provviste. Apparecchiato il lauto pasto,
ho notato il telecomando della tv, oggetto sul quale non digitavo da
anni: da quando il mio televisore è imploso, mai il pensiero
d'aggiustarlo m'è venuto. Sarà stato l'assordante silenzio della
notte, ma non ho resistito e ho pigiato un tasto e poi un altro e un
altro ancora. Tra televendite, immagini cosi' di repertorio che mi
son sentito vecchio all'improvviso, un po di tettevarie montroniane,
veline in replica e leccaculismi assortiti, ho beccato su un
film appena all'inizio, titolo “L'alibi”(1969) con la regia di
Celi, Vittorio Gassman e Luciano Lucignani. La storia parallela e
autobiografica di tre ex allievi della “Silvio D'Amico” che si
ritrovano dopo 30 anni completamente cambiati. Gassman l'istrione
per forza e a forza, Lucignani nostalgico comunista amante delle
donne e Adolfo di ritorno dal sudamerica. Celi s'è vissuto il
secondo dopoguerra in Brasile, facendo teatro e diventando il secondo
eroe dei due mondi. Ritornato in Italia dopo 15 anni è diventato il
Commissario Petrosino, Lord James Brook di Sandokan e il Sassaroli di
Amici Miei, entrando nell'immaginario collettivo dell'Italia dei '70.
Terminato lo spuntino e il film, ho riraggiunto le mie stanze con una
lacrima che si è insinuata nella mia barba, sorridendo pensando al
Sassaroli , e al Brasile, e al film, che vi consiglio per un Gassman
oltre le righe. Ho guardato la mia tv installazione futurista. E ho
riso pensando all'Italia. Non quella di Prandelli.
© salvatore digennaro
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