Unapagina
Doveva
ricordare, era la frase più bella, il verso più intenso che la sua
mente avesse mai potuto partorire. Invece niente: fogli aquattro
giacevano come le palline da golf di Golia all’angolo sudest della
stanza sfumatoarancio dell’albergo.
-Cazzofai
a non ricordarti?- si ripeteva ad uso discopuntinachesalta. E come
quella sensazione tardoinfantile di non ricordare una parola o
peggioancora una canzone e di tenerla sulla punta della lingua. E
martellava il suo raggiocerebrale. -Spifferi…..-ricordava solo
questa parola,-Spifferi…- poi conchiglie, il mare, sabbia, le
porte….. – e come cavolo le aveva disposte? Era una sera quasi
autunnale e quasi estiva, quel maledetto stato di caldo o freddo,
nessun raggiungimento d’ideale temperatura. Una di quelle sere che
non sai che ascoltare e che leggere, non sai se dormire o attendere
l’alba…..Una di quelle sere che non sai se è proprio un peccato
non essere morti. Tanto un motivo ce l’hai: non ricordi dei
versi…..
Poi
prese la penna:
ho
chiuso la porta
ma
spifferi giungono
col
suono di conchiglie
che non hanno mare dentro
Scrisse,
poi tra se disse:-Non penso che erano disposte proprio così, ma mi
piace, bello! Si guardò il foglio in mano, compiaciuto come un
infante, come un infante che ha trovato il barattolo della nutella.
Si guardò e riguardò il foglio, lo rimirò e rimirò fino a
sorridere, poi l’accartocciò e lo lanciò a sudest. Prese un altro
foglio immacolato e la penna…….
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