Lo spread
Non guardo mai la tv, non ce l'ho a
casa, apprendo le notizie in rete oppure in radio, o leggendo il
giornale al bar.
Ma la tv, che ha precipitato questa italietta ai
minimi termini culturali la aborro. Trentanni di bimbumbam han
causato più danni cerebrali di Hiroshima. Mi spaventa vedere
televisori accesi in stanze vuote, e alla domanda “cosa la accendi
a fare?” sentirmi rispondere: “mi fa compagnia”, come fosse un
animaletto o una badante o l'amico che viene a farti visita. La tv
ceauseschiana del bel paese, ingottita come un tubo di scarico di
reclames e falsi miti, è un qualcosa di vomitevole. Ha costruito una
realtà parallela alla realtà stessa. Distoglie lo sguardo da ciò
che per davvero accade. E' varietà, della peggior specie, ed
oltretutto manco mi diverte. E rabbonisce tra una tetta e un culo,
tendendo a far diventar normale tutto quel che normale non è. Mica
ti dicono che la crisi è un gioco di speculazioni e frutto di un
capitalismo da dilettanti intriso di corruzione e in mano a lobby di
potere? Se ne escono con delle parole finora sconosciute e ti
prendono per i fondelli tra un reality e una prova del cuoco. E
allora la vecchina pensa che la crisi è colpa dello spread, ovvero
quella cosa per profumare le ascelle. E il pensionato crede che la
colpa della disoccupazione o del precariato va addebitata ai bund, e
pensa a zerozerosette. E mentre si precipita ridendo e siamo in mano
alla peggior specie di classe politica e dirigenziale di tutti i
tempi, e le famiglie non sanno di che campare, ci godiamo da un paio di decenni, in prima
serata, tra una fiction e un quiz, i processi, le esternazioni, e le avventure galanti di un
quasi ottantenne in andropausa che ci fa pigliare in giro dal
pianeta. E come disse Baglioni: adesso la pubblicità.
© salvatore digennaro
Nessun commento:
Posta un commento