venerdì 26 febbraio 2010

tu che mi dai?

























E' partita la campagna elettorale, la semina rapida parcondicio, la cover elettorale di Baratto (Renato Zero) , e le parole volano: le tasse abbassate al pit stop lasciano il passo agli stramila posti di lavoro, passando per la colpa ai governi precedenti e al lasciateci lavorare, meraviglie di slogan e dati da ipermercato globale pieno di lucine, chi più ne ha più metta. Me ne sono accorto, perchè ho staccato la prima facciadacurriculo dal tergicristallo, mentre precariocronicosemibamboccione, m'accingevo a raggiungere un probabile posto di lavoro , consegnando la mia faccia da curriculum presso un plesso scolastico che ricerca un esperto esterno in cinematografia. Uno su mille ce la fa.
E' partita la campagna elettorale, palla al centro e vinca il migliore, il miglior imbonitore, il miglior oneselfmademan, il goleador alla Messi, lo zampino vincente.
E' partita, la campagna elettorale, come quando parte, va a male la marmellata non chiusa bene. E' sempre la stessa recita a soggetto, con pessimi interpreti e pessimi copioni.
Stavolta voglio suggerirlo io un copione, da realizzare oltre che da promettere: città a misura di bambino, free wireless, differenziata, skype in tutti gli uffici pubblici e portali web funzionanti per il cittadino, pannelli solari su tuttte le strutture pubbliche e di nuova costruzione, incentivi per energia pulita, turismo culturale, filiera corta e agricoltura di qualità, acqua pubblica e no nucleare. Chi vuole il mio voto deve darmi, anzi darci questo. E a chi mi parla di voto al campanile mi sento di dire che se è pur vero che un candidato espressione del territorio è la miglior soluzione per la collettività, è altrettanto vero che se non è PURO, l'opzione campanile se ne va a meretrici. E  non sarebbe una novità, visto l'andazzo parcondicio. Non mi risulta che gli abitanti di Braunau am Inn vadan fieri di aver dato i natali a un famoso politico del secolo scorso.


© salvatore digennaro


giovedì 18 febbraio 2010

Per fare un albero

Per fare un albero servono anni di fatica, terreno, clima e acqua.
Per fare uno stupido manifesto elettorale, con una stupida faccia che ti guarda promettendo mari e monti, ci vuole carta. Per fare carta ci vuole un albero. Per fare un sei per tre si contribuisce alla deforestazione e si creano rifiuti che qualcuno dice riciclabili (se non fosse per gli inchiostri). Per fare camionate di stupidi santini elettorali per tutti i candidati d'ogni loco o scranno, un quarto delle selve italiche diventa cellulosa.
Son capitato durante le elezioni comunali in un paesello chiamato Rio De Janeiro, sei milioni di abitanti: nessun biglietto in terra, né manifesti a muro, né brochures. Come la facevano la campagna elettorale i carioca? Web, spazi autogestiti radio-tv ed ad ogni candidato era assegnato un numero definito di totem pubblicitari, ognuno in consegna ad un individuo pagato dal politico che a mattina lo portava all'incrocio di strada stabilito dalla commissione elettorale e alla sera se lo riportava a casa, senza inquinare, senza sprechi e senza deturpare.
Il parlamento italiano ha votato una legge bipartizan che condona preventivamente ai partiti le affissioni pirata, in previsione delle regionali.
Per fare un albero ci vuole un fiore, cantava Sergio Endrigo, un fiore sulla tomba di un bosco o una foresta che era.


© salvatore digennaro


venerdì 12 febbraio 2010

campanilismo e politica


Elezioni regionali 2010.
Parte la campagna elettorale, e t'arrivano i vari :
"Bisogna votare X o Y perchè è di quì!"
...medito...
Se è pur vero che un candidato espressione del territorio è la miglior soluzione per la collettività, e altrettanto vero che se non è PURO l'opzione campanile se ne va a puttane.
Non mi risulta che gli abitanti di Braunau am Inn vadan fieri di aver dato i natali a un famoso politico del secolo scorso.

© salvatore digennaro


giovedì 11 febbraio 2010

Volevo fare l'avvocato
















Il Gravina-Bari è un trenino d'altri tempi: l'ultima volta che l'ho preso, a parte oggi, è stato 16 anni fa,nulla è cambiato, a parte il prezzo; i colori, il caldo e la puzza di rotaie e sudore estivo: tutto uguale ad allora, sembra quasi che non ci sia mai sceso. All'epoca, ogni mattina, mi conduceva a riscaldare col mio culo un banco d'università. Volevo fare l'avvocato.
Le ferule disegnano il percorso dei binari come i tunnel dei lunapark. Complice un dio che da sempre viene qui a riposar le membra, tutto sa d'andato: persino i capannoni costruiti e abbandonati in mezzo al verde e i discorsi dei viandanti. Brusii s'alternano su calcio, matrimoni, appunti di lezioni andate ed esami 100 volte ripetuti. Sordi suoni di russare riportano al mio sguardo vecchi assopiti sugli anni e sui posti per gli invalidi. Carni di donne sudate s'adagiano in succinti brandelli di cotone leggero, lasciando trasparire mediterranei seni ornati di nei.
Volevo fare l'avvocato e l'esame di diritto civile era da perderci i capelli, l'ultima volta in quel treno masticavo vigorsol blu bestemmiando la mia sesta bocciatura e fumando marlboro a contrabbando. Di fronte a me una signora cicciottella dagli occhi colorcielo faticava a tenere a bada una piccola peste dai capelli colorgrano e dalle pupille ghiacciobollente; e io a ripetere e bestemmiare e la bimba che mi chiede: "perché sei così nervoso?" e io a spiegarle della laurea, dell'esame, dei processi e i tribunali, e lei, apparizione, a chiedermi: "Ma se un assassino ti chiede di difenderlo tu lo fai assolvere comunque?".
Stazione di Toritto, "Gilda non disturbare..andiamo..ci scusi.." .
Arrivai a Bari, mezzora davanti alla porta dell'esame, poi, distretto militare e annullamento del rinvio causa studio. Alle parole dell'angelo paffuto non avevo saputo rispondere.
Stazione di Toritto; afa e viaggio interminabili: 60 km in un ora e mezza. S'accomodano di fronte una signora canuta dagli occhi azzurri a forma di matrioska e una stupenda creatura capelli colorgrano e occhi ghiacciobollente, vestite a festa; la ragazza cinge tra le mani un tomo rilegato in pelle bordeaux con scritte in oro: "Allora tutto ok?", "Si mamma.." sorride lei con tutta se stessa e cinge al suo petto il libro; sbircio tra le righe d'oro della copertina: Università degli studi di Bari, corso di laurea in giurisprudenza, tesi in diritto civile, studente Gilda Olivieri.
Chiudo gli occhi al suono dei binari e un pensiero disegna un sorriso sulla mia maschera: volevo fare l'avvocato…


© salvatore digennaro


mercoledì 3 febbraio 2010

Se mi etichetti mi annulli





















Stanza, penombra, finestra sul mondo attacata alla spina, bollette, fumo, finestra appena appena aperta lascia entrare suoni e odori di pioggia, e freddo, 4 o 5 note ben assestate di un pianoforte come spilli escono dagli altoparlanti. La giornata dell'amnesia. Quasi quasi dimentico tette e culi e facciadaculo di belpaese coi buchi, dimentico immigrati e numeri verdi su Haiti, terremoto su Haiti, americani su Haiti, Bertolaso su Haiti. Chissa' perchè le immagini di Aushwitz le tirano fuori in bianco e nero solo il 27 di gennaio?
Apolide, come non mai: ebreo, ma non bombardo palestinesi, palestinese ma non mi faccio esplodere in aereo sull'america, americano ma non colonizzo irakeni, irakeno ma non faccio saltare in aria italiani, italiano che non vuole stare in irak a proteggere le basi dell'Eni che succhiano il sangue nero di una terra che è degli irakeni........italiano sempre meno, sempre piu' pugliese, ma di quelli che gli ospedali si riaprono e non si chiudono, che il nucleare qui da noi solo coi carrarmati, pugliese che non ha nulla contro il nucleare a parte il fatto che mi si deve spiegare dove mettere le scorie e poi si sa come vanno le cose: appalti subappalti, risparmio su materiali e mi ritrovo dieci centimetri di cartongesso attorno al nucleo invece che un muro di cemento e acciaio di 10 metri, pugliese dove il sole è l'energia e l'energia è cultura e turismo e mangiar bene.
Stanza, penombra, il piano va, e ricordo una frase di Sören Kierkegaard: “ Se mi etichetti mi annulli”. Sorrido, tossisco, maledette sigarette...guardo fuori dalla finestra, al palazzo di fronte una finestra, un teleschermo, sorridente la faccia di Casini...chiudo la finestra, ritossisco.....vado al lavabo , riempio un bicchier d'acqua, pugliese, mi disseto...

© salvatore digennaro


l'infine

L'infine Affonderemo danzando, come la sala da ballo del Titanic  o creperemo testando improbabili ricette. Berremo la cicut...