sabato 10 aprile 2010

statale 96























Piccola guida all'uso ragionato della statale 96

La strada statale 96 Barese è la via che collega la Basilicata e la Puglia, detta anche il viatico del precario (ex viatico del sogno dello studente), collega la Lucania, attraverso le Murge, a Bari (granducato d'Emiliano). Molto spesso, di primo pomeriggio, il sottoscritto ne percorre 60 chilometri partendo dall'orripilante monumento al pennuto fischiettante (già mausoleo ai caduti di influenza aviaria) eretto dall'ex sindaco egopiddino di Gravina, fino a giungere in riva all'Adriatico.
Questa pregevole infrastruttura è un palcoscenico calcato ogni giorno da variopinte maschere dello scibile umano,disumano ed automobilistico. Questa rotta è spesso abitata da strani ominidi vestiti di arancio, che si dannano la salute nel modificare questa o quella rotatoria in base ad ordini ricevuti da avvinazzati ingegneri o a rinnovar l'asfalto in periodo elettorale o all'ora di massimo traffico. Talvolta la circolazione è messa in pericolo da docenti donne in rientro pomeridiano, che a 10 all'ora, si sistemano il trucco mangiando carote per la bellezza della pelle o correggono compiti o fanno deliziosi lavori a maglia e uncinetto. Altra categoria pericolosa è quella degli uomini con la coppola: in età pensionabile o già in pensione,  percorrono la statale consci di essere i padroni incontrastati, non è loro dovere stare a pensare alla viabilità. Avanzano a una media di 20 km all'ora e quando non sono in auto ma su trattori agricoli, gestiscono il flusso pendolare ai propri ritmi e tempi. Altri incontrastati padroni dell'unica via percorribile per raggiungere Bari, sono gli autotrasportatori, che , a chi ha visto DUEL di Spielberg, fanno ancor più paura. Sovente si incontrano strani furgoni rossi lanciati a bomba sulla strada, con la scritta Bartolini, sono i corrieri di consegna, loro hanno la terza corsia anche se non c'è, se sembra quasi che vi vengano addosso e son troppo vicini è consigliabile spostarsi. Superate queste difficoltà si incontra sovente il pericolo “mariti frustrati”, sempre pronti a inversioni ad U e con indicatori di velocità cangianti come i governi di talune regioni ,li si incontra nella zona luna park della 96, dove pullulano ignude creature volgarmente dette puttane, sono escort che non ce l'hanno fatta e sollazzano low cost e in chiave multietnica clienti non altolocati. Ed è così che per percorrere 60 km, i tempi di percorrenza oscillano tra l'ora e l'ora e un quarto, quando va bene. Da un triennio, complice l'agognata ristrutturazione della strada, i lavori in corso si son fatti permanenti, e una deviazione obbligata rallenta ulteriormente la già flemmatica percorrenza. E la consegna dei lavori alla collettività, slitta di giorno in mese e di mese in anno. Raramente sulla 96, capita di scorgere consiglieri regionali della zona che stanno raggiungendo il palazzo del consiglio. Vi può accadere di incrociare Michele Ventricelli, unico sopravvissuto della Murgia all'ecatombe elettorale dei candidati locali. Se lo vedete percorrere la strada in questione è lecito sussurrare: “consigliere, auguri per la riconferma, gentilmente una domanda: quando avremo una strada statale normale?”.



© salvatore digennaro


mercoledì 3 marzo 2010

Il Perozzi


















Chi s'avvicina alla comunicazione, solitamente ha avuto ed ha un punto di riferimento da prendere per esempio: Pecorelli o Montanelli, o Biagi, o Caminiti e Brera, per chi amava lo sport; Bocca, Maltese, Travaglio o anche i pronisti storici Feltri e Belpietro.
Ricordo le mie prime esperienze ante-internet, anch'io ragazzino implume avevo un mito: il Perozzi. Il cronista nato dalla penna di Germi e portato sullo schermo da Monicelli, il bonario guascone interpretato da Philippe Noiret. Il redattore capo, voce narrante di Amici Miei, che uscendo dal lavoro a notte, passava alla rotativa a prendere il giornale fresco di stampa, e si inoltrava nel buio fiorentino, donandolo ai fantasmi notturni incontrati al bar, sempre goliardico.
“Ho già sulle spalle un bel fardello di cose passate. E quelle future? Che sia per questo, per non sentire il peso di tutto questo che continuo a non prender nulla sul serio?” diceva.
Nonostante la tiratura mensile del nostro piccolo foglio informativo sul villaggio, andavo a scrivere il mio pezzo in sede, la notte prima di andare in stampa. In Via Libertà, con di fronte la torretta dell'orologio che scandiva i battiti che portavano all'alba e ad ogni rintocco d'ora facevo pausa caffè, e andavo ad incontrare e a discutere con gli avventori del primo bar aperto: alle 3 c'erano i fornai e gli spazzini, alle 4 cacciatori e fungaioli, alle 5 i ragazzi dell'edilizia che andavano fuori, alle 6 i braccianti che aspettavano il caporale di turno per il lavoro e gli operai migranti verso Bari, alle 7 gli impiegati pendolari e alle 8, quando il pezzo era bello e pronto, salutavo gli impiegati fortunati a lavorar sul posto , e me ne andavo a casa, a dormire.
Ci ho riprovato a far lo stesso, stanotte, e il bar è molto meno frequentato di allora, colpa del lavoro che manca, della fine di certi lavori e del tempo che inesorabilmente passa: i pochi volti invecchiati di un passato senza amnesie lasciano trasparire un nobile senso di abitudine e di insoddisfazione, le energie godereccie di allora, sono solo un ricordo. Come allora il pezzo è pronto, ma una assurda nostalgia mi attanaglia, e il Perozzi stenta ad apparire coi suoi giochi notturni.

© salvatore digennaro


venerdì 26 febbraio 2010

tu che mi dai?

























E' partita la campagna elettorale, la semina rapida parcondicio, la cover elettorale di Baratto (Renato Zero) , e le parole volano: le tasse abbassate al pit stop lasciano il passo agli stramila posti di lavoro, passando per la colpa ai governi precedenti e al lasciateci lavorare, meraviglie di slogan e dati da ipermercato globale pieno di lucine, chi più ne ha più metta. Me ne sono accorto, perchè ho staccato la prima facciadacurriculo dal tergicristallo, mentre precariocronicosemibamboccione, m'accingevo a raggiungere un probabile posto di lavoro , consegnando la mia faccia da curriculum presso un plesso scolastico che ricerca un esperto esterno in cinematografia. Uno su mille ce la fa.
E' partita la campagna elettorale, palla al centro e vinca il migliore, il miglior imbonitore, il miglior oneselfmademan, il goleador alla Messi, lo zampino vincente.
E' partita, la campagna elettorale, come quando parte, va a male la marmellata non chiusa bene. E' sempre la stessa recita a soggetto, con pessimi interpreti e pessimi copioni.
Stavolta voglio suggerirlo io un copione, da realizzare oltre che da promettere: città a misura di bambino, free wireless, differenziata, skype in tutti gli uffici pubblici e portali web funzionanti per il cittadino, pannelli solari su tuttte le strutture pubbliche e di nuova costruzione, incentivi per energia pulita, turismo culturale, filiera corta e agricoltura di qualità, acqua pubblica e no nucleare. Chi vuole il mio voto deve darmi, anzi darci questo. E a chi mi parla di voto al campanile mi sento di dire che se è pur vero che un candidato espressione del territorio è la miglior soluzione per la collettività, è altrettanto vero che se non è PURO, l'opzione campanile se ne va a meretrici. E  non sarebbe una novità, visto l'andazzo parcondicio. Non mi risulta che gli abitanti di Braunau am Inn vadan fieri di aver dato i natali a un famoso politico del secolo scorso.


© salvatore digennaro


giovedì 18 febbraio 2010

Per fare un albero

Per fare un albero servono anni di fatica, terreno, clima e acqua.
Per fare uno stupido manifesto elettorale, con una stupida faccia che ti guarda promettendo mari e monti, ci vuole carta. Per fare carta ci vuole un albero. Per fare un sei per tre si contribuisce alla deforestazione e si creano rifiuti che qualcuno dice riciclabili (se non fosse per gli inchiostri). Per fare camionate di stupidi santini elettorali per tutti i candidati d'ogni loco o scranno, un quarto delle selve italiche diventa cellulosa.
Son capitato durante le elezioni comunali in un paesello chiamato Rio De Janeiro, sei milioni di abitanti: nessun biglietto in terra, né manifesti a muro, né brochures. Come la facevano la campagna elettorale i carioca? Web, spazi autogestiti radio-tv ed ad ogni candidato era assegnato un numero definito di totem pubblicitari, ognuno in consegna ad un individuo pagato dal politico che a mattina lo portava all'incrocio di strada stabilito dalla commissione elettorale e alla sera se lo riportava a casa, senza inquinare, senza sprechi e senza deturpare.
Il parlamento italiano ha votato una legge bipartizan che condona preventivamente ai partiti le affissioni pirata, in previsione delle regionali.
Per fare un albero ci vuole un fiore, cantava Sergio Endrigo, un fiore sulla tomba di un bosco o una foresta che era.


© salvatore digennaro


venerdì 12 febbraio 2010

campanilismo e politica


Elezioni regionali 2010.
Parte la campagna elettorale, e t'arrivano i vari :
"Bisogna votare X o Y perchè è di quì!"
...medito...
Se è pur vero che un candidato espressione del territorio è la miglior soluzione per la collettività, e altrettanto vero che se non è PURO l'opzione campanile se ne va a puttane.
Non mi risulta che gli abitanti di Braunau am Inn vadan fieri di aver dato i natali a un famoso politico del secolo scorso.

© salvatore digennaro


giovedì 11 febbraio 2010

Volevo fare l'avvocato
















Il Gravina-Bari è un trenino d'altri tempi: l'ultima volta che l'ho preso, a parte oggi, è stato 16 anni fa,nulla è cambiato, a parte il prezzo; i colori, il caldo e la puzza di rotaie e sudore estivo: tutto uguale ad allora, sembra quasi che non ci sia mai sceso. All'epoca, ogni mattina, mi conduceva a riscaldare col mio culo un banco d'università. Volevo fare l'avvocato.
Le ferule disegnano il percorso dei binari come i tunnel dei lunapark. Complice un dio che da sempre viene qui a riposar le membra, tutto sa d'andato: persino i capannoni costruiti e abbandonati in mezzo al verde e i discorsi dei viandanti. Brusii s'alternano su calcio, matrimoni, appunti di lezioni andate ed esami 100 volte ripetuti. Sordi suoni di russare riportano al mio sguardo vecchi assopiti sugli anni e sui posti per gli invalidi. Carni di donne sudate s'adagiano in succinti brandelli di cotone leggero, lasciando trasparire mediterranei seni ornati di nei.
Volevo fare l'avvocato e l'esame di diritto civile era da perderci i capelli, l'ultima volta in quel treno masticavo vigorsol blu bestemmiando la mia sesta bocciatura e fumando marlboro a contrabbando. Di fronte a me una signora cicciottella dagli occhi colorcielo faticava a tenere a bada una piccola peste dai capelli colorgrano e dalle pupille ghiacciobollente; e io a ripetere e bestemmiare e la bimba che mi chiede: "perché sei così nervoso?" e io a spiegarle della laurea, dell'esame, dei processi e i tribunali, e lei, apparizione, a chiedermi: "Ma se un assassino ti chiede di difenderlo tu lo fai assolvere comunque?".
Stazione di Toritto, "Gilda non disturbare..andiamo..ci scusi.." .
Arrivai a Bari, mezzora davanti alla porta dell'esame, poi, distretto militare e annullamento del rinvio causa studio. Alle parole dell'angelo paffuto non avevo saputo rispondere.
Stazione di Toritto; afa e viaggio interminabili: 60 km in un ora e mezza. S'accomodano di fronte una signora canuta dagli occhi azzurri a forma di matrioska e una stupenda creatura capelli colorgrano e occhi ghiacciobollente, vestite a festa; la ragazza cinge tra le mani un tomo rilegato in pelle bordeaux con scritte in oro: "Allora tutto ok?", "Si mamma.." sorride lei con tutta se stessa e cinge al suo petto il libro; sbircio tra le righe d'oro della copertina: Università degli studi di Bari, corso di laurea in giurisprudenza, tesi in diritto civile, studente Gilda Olivieri.
Chiudo gli occhi al suono dei binari e un pensiero disegna un sorriso sulla mia maschera: volevo fare l'avvocato…


© salvatore digennaro


mercoledì 3 febbraio 2010

Se mi etichetti mi annulli





















Stanza, penombra, finestra sul mondo attacata alla spina, bollette, fumo, finestra appena appena aperta lascia entrare suoni e odori di pioggia, e freddo, 4 o 5 note ben assestate di un pianoforte come spilli escono dagli altoparlanti. La giornata dell'amnesia. Quasi quasi dimentico tette e culi e facciadaculo di belpaese coi buchi, dimentico immigrati e numeri verdi su Haiti, terremoto su Haiti, americani su Haiti, Bertolaso su Haiti. Chissa' perchè le immagini di Aushwitz le tirano fuori in bianco e nero solo il 27 di gennaio?
Apolide, come non mai: ebreo, ma non bombardo palestinesi, palestinese ma non mi faccio esplodere in aereo sull'america, americano ma non colonizzo irakeni, irakeno ma non faccio saltare in aria italiani, italiano che non vuole stare in irak a proteggere le basi dell'Eni che succhiano il sangue nero di una terra che è degli irakeni........italiano sempre meno, sempre piu' pugliese, ma di quelli che gli ospedali si riaprono e non si chiudono, che il nucleare qui da noi solo coi carrarmati, pugliese che non ha nulla contro il nucleare a parte il fatto che mi si deve spiegare dove mettere le scorie e poi si sa come vanno le cose: appalti subappalti, risparmio su materiali e mi ritrovo dieci centimetri di cartongesso attorno al nucleo invece che un muro di cemento e acciaio di 10 metri, pugliese dove il sole è l'energia e l'energia è cultura e turismo e mangiar bene.
Stanza, penombra, il piano va, e ricordo una frase di Sören Kierkegaard: “ Se mi etichetti mi annulli”. Sorrido, tossisco, maledette sigarette...guardo fuori dalla finestra, al palazzo di fronte una finestra, un teleschermo, sorridente la faccia di Casini...chiudo la finestra, ritossisco.....vado al lavabo , riempio un bicchier d'acqua, pugliese, mi disseto...

© salvatore digennaro


mercoledì 27 gennaio 2010

rosarno & c




















Dei fatti di Rosarno, tutti si son fatti un'opinione, in base alle letture e al canale tv preferito, e in base ai siti di riferimento, o rubando un attimo di serietà al faceto esistere avvinazzato quotidiano. E le conclusioni, tranne eccezioni umane, vanno dal becero “questi sporchi negri vengono a rubare il lavoro a noi!” al “meno male che qualcuno gliela fa vedere a questi extracomunitari che vengono a rubare in casa nostra”. Il tricolore non ammette altri colori, un Ku Klux Klan all'amatriciana condito da salsa verde leghista e aromatizzato da silenzio-assenso quasi totale vaticano, ha permesso il ristabilire l'ordine costituito, deportando i coulored verso altri luoghi e verso il go home finale. 60 anni fa negli USA c'erano i bus per i bianchi e i bus per i neri, oggi complice il MARTIN LUTHER KING PENSIERO E SACRIFICIO, c'è un Obama, che non è negro ma abbronzato. 2010 Italia, leggi razziste, tolleranza zero, la lega vuole i bus differenziati per bianchi e negher, e un souvenir di consumismo inceronato anni 80 predica l'amore da tutti i teleschermi.
Io, triste, complice un cielo che sembra domopack applicato da un dio che ormai si vergogna dell'immagine e somiglianza mandata sulla terra, rifletto appunto sul colore di dio, penso al Brasile, totalmente privo di razzismo e multicolore e ad un tratto sorrido: GLI AFRICANI DI ROSARNO sono gli unici a memoria d'uomo ad essersi ribellati alla 'ndrangheta. E rido di questa Italia più piccola del Liechtenstein e penso all'estate ormai prossima: i leghisti faranno gli stagionali per la raccolta di pomodori e agrumi, la nazionale di Lippi farà bella figura ai mondiali di calcio e ci sentiremo di nuovo tutti italiani, con in campo Balotelli.

© salvatore digennaro


2010, l'anno del contatto














“2010, l'anno del contatto”(USA 1984) di Peter Hyams , misero tentativo di dare un seguito al trattato filosofico per immagini “2001 Odissea nello Spazio” di Kubrick , non lascerà traccia alcuna nella storia del cinema, a parte il titolo. Nel film la terra rischia l'autodistruzione nucleare, scienziati americani e russi partono per Giove, obiettivo: riattivare il computer di 2001 e cercare un monolite nero.
2010: la rivalità USA-URSS è crollata a Berlino 21 anni fa, Stanley ci ha lasciati da 11 anni, le missioni spaziali stan diventando crociere aeree oltre l'atmosfera per ricchi annoiati, la filosofia ha lasciato il posto al più becero e sfrenato consumismo che goccia a goccia sta facendo crepare il pianeta tra inquinamento, sfruttamento selvaggio e soprattutto mancanza di cura e occhio al futuro. Il computer è in ogni casa come frigo e lavatrice. Circa il monolite, quello è l'uomo, in gran parte lobotomizzato, immobile, incapace ormai di emozionarsi ed emozionare, lanciato a razzo verso il più totale nulla mascherato da tutto. La mia speranza è che questa analisi sia uno sbaglio di valutazione. La speranza, in generale, è che il contatto davvero avvenga, non con altre forme di vita, ma tra i vari colori che compongono l'umano globo, anche se il seme dell'intolleranza è cresciuto come il fagiolo magico della favola di Walker. Sarebbe auspicabile il contatto tra ognuno e la propria consapevolezza d'essere, tra l'individuo e la propria anima, giusto per fermare il razzo.


© salvatore digennaro


l'infine

L'infine Affonderemo danzando, come la sala da ballo del Titanic  o creperemo testando improbabili ricette. Berremo la cicut...