giovedì 27 dicembre 2012

LA RICOTTA



LA RICOTTA è un prodotto caseario. La materia prima utilizzata è il siero derivante dalla lavorazione dei pecorini e delle caciotte. Il siero viene trasferito in caldaia e riscaldato a 80-90°. Si ottiene per affioramento; dopodiché si procede alla formatura in appositi stampi.
LA RICOTTA è altresì il titolo di un film del 63 di Pier Paolo Pasolini, con protagonista Orson Welles. Nel film, Stracci, comparsa nei panni del ladrone buono, in un film sulla Passione di Cristo, è un uomo povero e perennemente affamato. Quando la sua povera e numerosa famiglia lo va a trovare sul set, Stracci dona loro il cestino del pranzo che gli spetta in quanto attore, per consentire loro di consumare un misero pasto in mezzo al prato. Per non saltare il pasto, riesce a "rimediare" un nuovo cestino dalla produzione, ma non riesce a mangiarlo. Quando, finalmente riesce a comperare un pezzo di ricotta, lo divora con atavica fame e poi muore sulla croce per indigestione. Il film fu sequestrato per vilipendio alla religione e Pasolini fu dapprima condannato a 4 mesi di reclusione e assolto l'anno dopo in appello.
A Bari e dintorni è usuale definire chi fa LA RICOTTA, qualcuno che guadagna qualcosa alle spalle di qualcunaltro, o "fa la cresta" anche su attività lecite. Ricottaro è genericamente colui che campa sulle spalle altrui. Sulle altrui idee e degli altrui rischi. Chi cambia idea per interesse personale e tradisce i propri principi e la propria coerenza per misero tornaconto. La storia politica e istituzionale del sud è piena di tali individui, pronti a vendere le proprie mamme e le proprie mogli  per un misero piatto di lenticchie. Recenti studi sull'economia pugliese e murgiana in particolare, hanno evidenziato un calo di lavoratori nel settore caseario, in controtendenza con un aumento spropositato di ricottari.


© salvatore digennaro


sabato 15 dicembre 2012

scuola elementare

Ho salutato una mezzoretta fa un mio compagno di scuola elementare, che non vedevo da secoli. Rientrato in casa, ho cercato la foto di gruppo di quegli anni, 1982 o 83, trentanni fa. E ho immaginato un folle entrare a scuola, armato fino ai denti e cominciare a sparare all'impazzata, come è successo ieri. 20 bambini morti, colpa della follia di un folle, la follia di una legge che ti permette di entrare in un supermarket e comprare una pistola, la follia di una umanità pseudo evoluta che non capisce , non comprende nulla, una umanità malata. Da bambini non si è intolleranti, si vive la vita come un'alba che sorge. Ho sorriso, grazie a Dio o chinefaleveci, trentanni fa nessun folle entrò in quella scuola. Trentanni fa Berlusconi era quello che ci regalava i cartoni animati e ci nutriva di pubblicità, più o meno come adesso.  Trentanni fa il papa non era il nazirazzingher e non tirava cavolate omofobiche come adesso. Trentanni fa c'era Wojtyła , ma non riesco a capire, nei miei offuscati ricordi, cosa cazzo ci faceva trentanni fa Wojtyła dal balcone appresso a Pinochet?


© salvatore digennaro


giovedì 6 dicembre 2012

zombie4

Facciadaculo ha sciolto le riserve o quasi: "devo salvare la nazione, me lo chiedono". A parte che mi piacerebbe sapere chi glielo chiede, ma il materializzarsi nuovamente dell'unico politico che è già statua di cera, mi fa tenerezza, e terrore, e rabbia. Son nato nel 72 e non si sa quando crepero', finora son 40 , credo che 20 anni su 40 con Papi tra i coglioni, sono un già buon sufficiente anticipo di inferno in terra, quindi spero nei Maya.
Alle facciadaculo che dicevano "è già ricco, mica ruberà a noi cittadini", ai precari che intonavano menomalechesilviocèè, ai disoccupati col gagliardetto del milan, alle ponponvelinenipotinedimubarak e agli stronzi, ai poveri idioti e poveri illusi, ai fascidimerda e ai voltagabbana, ai casini e casinisti, a quelli che ci faranno sempre e comunque la cresta e alla gran massa di ignoranti dico: non vi azzardate!


© salvatore digennaro


giovedì 29 novembre 2012

CONDOMinio


CONDOMinio

Ho sognato di svegliarmi in uno di quei condomini nuovi di zecca che sorgono alle pendici delle nostre cittadine d'arte, ho sognato di svegliarmi al suono di un peto dell'ingegnere che abita al quarto piano interno 2, io che abito al primo. Ho sognato di svegliarmi al vagito del neonato della palazzina 3, sesto piano, io che abito alla palazzina 5. Ho sognato di svegliarmi al sordo suono di un Bimby riecheggiante dall'attico della palazzina 1. E ho sognato di uscire di casa, passare tra schiere di gru e cantieri, salutando carpentieri senza caschetto protettivo ed evitando accuratamente architetti sotto extasy. Ho sognato di passeggiare in un centro storico abbandonato a se stesso e fatiscente, ma ero sveglio, ho visto alta architettura povera stagliarsi nascosta dalle erbacce a dimostrare che esistono una storia e un buon gusto, che esiste un modo civile per vivere e a misura di bambino, ma è tutto abbandonato a se stesso, e lontano rumori di gru e olezzo di cemento. Mi son messo in auto e ho preso la via per le campagne, e ho visto ville in cemento armato fino ai denti, cozzare accanto a masserie e casolari abbandonati. E ho immaginato questi antichi insediamenti intelligentemente umani, abitati, rifioriti, restaurati. Ho immaginato le vie dei borghi antichi pullulare di bambini che giocano, fiorenti di attività commerciali a basso impatto, e piene di turisti in Reflex. Ma stavo sognando. Lo sciacquone della signora Assunta, palazzina 8, settimo piano, mi ha risvegliato.


© salvatore digennaro


mercoledì 28 novembre 2012

Re nudo


Re nudo

Ci ha sfanculizzati e sputtanati, noi gli italiani, da sempre, dai tempi de “la grande guerra”, ci ha mostrati al mondo assai prima di wikileaks. Ha esorcizzato la dipartita di Germi dipingendo la supercazzola del Perozzi alla morte e al prete, con il Mascetti attonito a guardare. E se ne è andato con la zingarata più amara della sua carriera. Se ne è andato come Chet Baker, da un balcone, per provare se si può volare per davvero. Nella sua ultima apparizione pubblica a “Rai per una notte” è apparso provato , stanco e soprattutto rassegnato, rassegnato a un'Italia che ha bisogno del bastone, della guida, del ducetto che deve occuparsi degli italiani, e ha espresso il suo schifo e il suo auspicio di Rivoluzione, quella che il belpaese non ha mai visto. Fa strano vedere che il giorno dopo la sua dipartita, gli studenti che tanto amava, son scesi in piazza contro il decreto Gelmini, un decreto che cambia l'assetto scolastico e universitario, una legge scritta da una che per avere l'avvocatura è dovuta andare a sostenere gli esami in Calabria perchè più facili da superare. E intanto il sito di Assange continua la sua opera di informazione virale sui grandi della terra e ci si sorprende che il nostro premier venga descritto come puttaniere e servo di Putin e Gheddafi, giuro che senza queste rivelazioni nessuno se ne sarebbe accorto. Se la sarà fatta una risata Mario prima di spiccare il volo verso una nuova vita, verso i vari Totò, Tognazzi, Mastroianni e Gassman che l'hanno preceduto. Una grassa risata da picaro eterno, uno sberleffo alla sua condizione fisica da 95enne ammalato che non supportava una lucida e acuta mente da eterno ventenne curioso. In uno stato civile avrebbe potuto scegliere di morire diversamente, magari assistito senza accanimenti terapeutici, ma il buon toscanaccio lo sapeva molto bene che l'Italia non è uno stato civile, bensì una succursale marcia del Vaticano. Son passati quasi due anni. Arrivederci Brancaleone Monicelli, non sei morto, ci ha solamente mandati affanculo per l'ultima volta.


© salvatore digennaro


Buffi Baffi


Buffi Baffi

Narra la leggenda che l'attore inglese di origini ebraiche Charles Spencer Chaplin, emigrato in Usa a cercar fortuna, trovò, casualmente in un camerino, un paio di baffetti posticci, li indossò per gioco assieme ad una bombetta e un bastone e si mise a giocare davanti ad uno specchio: nacque così CHARLOT. Un'altra leggenda racconta di un pessimo pittore austriaco di origini ebraiche, che passando nei pressi di un cinematografo udì fragorose risate provenire dallo stesso; incuriosito entrò e vide la gente estasiata di fronte a uno schermo, rapita all'inverosimile da un piccolo attore dalle movenze strane e con baffetti stranissimi. Tornò a casa e, dopo una notte insonne, attribuì il magico potere sul pubblico del film della sera prima ai baffi dell'attore, un certo Chaplin, e decise di farsi crescere i baffi. Il pittore si chiamava Adolf Hitler.

Chaplin, venuto a conoscenza della storia del baffo del dittatore austro-tedesco decise di riappropriarsi dei suoi baffi cercando di spiegare al mondo, a modo suo, i sentori provenienti dall'impero germanico, peraltro visto di buon occhio dall'èlite americana. Era il 1940, nasceva “IL GRANDE DITTATORE”.

La storia racconta che Chaplin fu tacciato di comunismo e da allora, preso di mira dal maccartismo stelle e strisce, Hitler nel frattempo metteva in atto la sua soluzione finale antiebraica con l'ausilio di un calvo signore italiano. La storia narra che Chaplin morì esiliato in Svizzera, riuscendo a vincere un solo oscar riabilitante alla carriera. E neanche il suo corpo ebbe pace, il feretro contenente le spoglie dell'artista inglese venne trafugato nel 1978 con richiesta di riscatto. Hitler, morì, se morì per davvero, nella Berlino bombardata dagli alleati, dopo aver disseminato il vecchio continente di morte e distruzione. Il suo corpo non è stato mai trovato.


© salvatore digennaro


Georgia on my mind


Georgia on my mind

Quando raggiungi una certa età e passi pericolosamente e inesorabilmente i 40 anni di presenza sul pianeta, t'arrivano strane idee per la testa. Quando poi vedi cadere uno ad uno i tuoi amici di sempre all'epidemia del matrimonio, i pensieri si incupiscono ancor di più. Quando invece vedi gli stessi regredire infanti all'arrivo del primo figlio, ti si stampa in viso un sorriso, vieni preso da un magone frammisto a tenerezzapostdatata e ti vien persino da fantasticare su una tua potenziale paternità. Vista la mia cronica ritrosia alla vita di coppia ho pensato ad altre vie per poter soddisfare la mia voglia d'un erede: l'adozione (vietata a single precari) e la ricerca di un utero in affitto, pronto a concepire, anche in vitro, partorire ed allattare mio figlio e successivamente dileguarsi nell'anonimato (ma quale donna sarebbe disposta a mettere al mondo un bimbo per poi privarsene?). Poi ancora ho pensato all'eventualità che potesse accadere questo strano parto, e penso al frugoletto a me somigliante che giunto al dono della parola mi chiede fissandomi negli occhi: “ma in che schifo di posto m'hai messo al mondo?” . Ci ho meditato parecchio, poi ho rimembrato la storia dell'amico immaginario che ci si creava da piccoli, e mi sono inventato un figlio anzi una figlia immaginaria, bellissima come la più bella delle albe, l'ho chiamata Georgia, l'ho coccolata fino a quando s'è addormentata, l'ho adagiata sul petalo del mio pensiero più positivo, e lasciata li a dormire col mio sorriso stampatole sul volto.


© salvatore digennaro


troppo spesso


troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante

Mediocrycity



La cittadina di Mediocrycity si trova in una zona collinosa dell'Arkansas meridionale, e ad una prima analisi non è male come posto dove vivere; nonostante gli scempi edilizi ai quali è stata sottoposta, si presenta tutto sommato bella agli occhi dell'ignaro viandante che casualmente passa di lì. A parte le leggi dello Stato, alle quali volente o nolente occorre sottostare, a Mediocrycity vigono un paio di regole non scritte che per atavica maledizione sulfurea son rispettate e tramandate ancor più delle norme impresse su carta: numero uno, quasi tutti i poteri vengono gestiti da gente di medio-basso profilo, indipendentemente dal colore politico; numero due, chi va oltre la media a livello di preparazione, intelligenza o intuito, è destinato a sottostare ai mediocri e ad adeguarsi all'andazzo generale, oppure a piangere. Di qui il nome suggestivo del luogo, una sciarada che unisce la parola mediocrità e la parola cry ovvero pianto. Com'è risaputo, a parte degli squarci di DNA, i bambini non nascono mediocri, lo diventano negli anni. I bambini che diventano mediocri son pronti ad essere la classe dirigente del futuro. Quelli che non subiscono questa evoluzione, son destinati ad essere infelici per il resto dei loro giorni.

L'unica maniera scientificamente accertata per sfuggire a questo destino è la fuga dalla ridente cittadina, con l'obbligo di non guardarsi indietro, perchè come con Medusa, c'è il serio rischio di rimaner pietrificati. Fortunatamente Mediocrycity sta pian piano trasformandosi in un modello da esportare, e parecchie altre città, non solo dell'Arkansas, utilizzano questo canovaccio di vita. Questa trasformazione antropologica si sta facendo strada a macchia d'olio: viscosa, liscia e lubrificante. A chi riesce ancora ad accorgersi e non invischiarsi del tutto, non resta quindi che piangere.



© salvatore digennaro


NEDA


NEDA



ti aspetto ad occhi aperti

vestito di vento

e mi porterai lontano di quì



i miei occhi che nessuno mai potrà chiudere

hanno fotografato il volto del mio carnefice

ma non lo odio

fondamentalmente lui gli occhi non li ha mai aperti



ti aspetto ad occhi aperti

mio amore color libertà

e correremo su una spiaggia grande quanto tutto il mondo



le mie pupille sbarrate hanno il suono di mille eserciti

e la potenza di migliaia di generali

ma non faccio la guerra, è inutile

in fondo ho solo sedici anni



ti aspetto ad occhi aperti

spalancati alla vita

che credono d'avermi rubato



coi miei occhioni spalancati nutrirò speranze

e i miei rivoli di sangue che ritornano alla terra

alimenteranno i miei fratelli, li renderanno immortali, come me

con le mie labbra socchiuse in un fermo immagine che dice pace

la insegnerò al pianeta



io novella regina di Persia

ti abbraccerò Futuro

e la notte non ci farà piu' paura.

e non preoccuparti se mi vedi immobile: sto solo prendendo fiato.


© salvatore digennaro


Fuga per la vittoria


Fuga per la vittoria

Chi non ricorda il magnifico film di John Houston interpretato da Pelè, Stallone, Max Von Sydow e Michael Caine? La partita tra i tedeschi e i loro prigionieri, ambientata durante la seconda guerra mondiale, che terminava con un rigore parato da Stallone e l'invasione di campo da parte dei tifosi alleati che salvava la vita agli avversari del Reich.

Nell'Italia Videodrome me l'immagino la partita del cuore, tra i repubblichini di nuova generazione capeggiati dal glande puffo e i povericristi che, intelligenti fuori dal comune, si vedono ridotte le possibilità di studio, ricerca e lavoro dal popolo delle soubrettes. L'inno nazionale voce e chitarra apicelliana, lo spot del presidente-capitano-allenatore-giocatore, che prende il microfono, menomale che il microfono c'è, sciorina statistiche chiudendo con lo slogan “in tre anni sconfiggeremo il cancro”. E me lo sogno un epico 4 a 3, modello Italiagermania del 70, e un invasione di campo stile maracanà esaurito, con i tifosi a prendere a calci nelle parti basse la squadra intera del grande imbonitore. Ma la vita non è un film. Le belle menti della Chiquitalia, se ne vanno all'estero, sola andata, senza manco una partita da giocare. La pellicola di Houston si ispirava ad un evento reale: l'incontro di calcio tra una selezione tedesca e una di giocatori dell'Est europeo che, se avessero vinto, sarebbero stati liberati. Vinsero gli est-europei che, nonostante la vittoria, furono fucilati.

Appunto.

© salvatore digennaro


compartilhar saudade


compartilhar saudade



Saudade è una parola propria della cultura lusitana, indica una forma di melanconia, affine alla nostalgia. Dal latino solitùdo, solitudinis, solitudine, isolamento e salutare, salutatione, saluto; è un ricordo nostalgico di qualcosa di assente, accompagnato da un desiderio di riviverlo o di possederlo. In molti casi un termine quasi mistico: accettazione del passato, fede nel futuro e nella giustizia, speranza mai sopita anche quando utopicamente irraggiungibile, malinconica allegria. La si può intendere appena ascoltando il FADO oppure la BOSSANOVA, ma per comprenderla del tutto bisogna essere portoghesi, capoverdiani o brasiliani oppure aver provato l'ebbrezza di quei luoghi, averne assaporato l'aria, e gli odori, i suoni e i sapori. Un biglietto di sola andata verso questa quasi nascosta sfaccettatura dell'anima: non è possibile tornare indietro. Una lente con la quale osservare il mondo e la sua storia mescendola alla propria storia personale, un'agrodolce cartina di tornasole sull'esistenza. Non esiste una parola italiana che riesce a tradurre un tal oceano di significati.

Compartilhar è un altro termine intraducibile dal portoghese: indica condividere, spartirsi il pane, comunione, comunanza, quasi a diventare tuttuno, vivere assieme la passione soffrendo e gioendo, struggendosi e venendone a capo insieme, unione di intenti e di obbiettivi.

Forse per l'intraducibilità, o per la mancanza di lusitanità, o per la differenza di microclima, agli italioti di nuovo millennio, bersagliati catodicamente da Defilippate varie, con tutto ciò che accade prodotto da consumo e potenziale suoneria per telefonino, inconsapevolmente lobotomizzati da generazioni dalla Telecrazia Parlamentare Mondial casa, prossima alla Videocrazia Presidenziale Mediashopping, questi stati di coscienza, peraltro latini, non appartengono minimamente. Guai a chi queste parole le ha ormai nel DNA. Magra consolazione: un giorno, non proveranno saudade di tutto questo.


© salvatore digennaro


La mano di Dio


La mano di Dio

A parte quella di Maradona ai mondiali dell '86, la mano di Dio, diceva De Andrè, è piena di pietà, “non c'è l'inferno nel mondo del buon Dio”. L'altro giorno m'è ricapitato per le mani l'unico romanzo di Fabrizio, scritto con Alessandro Gennari, “Un Destino Ridicolo”, ne ho riletto l'inizio e mi va di raccontarlo a parole mie. C'è un paese in collina e da una settimana piove a dirotto, il livello del fiume sta superando gli argini, le prime case sono allagate e le previsioni del tempo non promettono nulla di buono.

-non vi preoccupate, il Signore ci salverà, dice il parroco ai fedeli.

Diluvia da due settimane ormai, la protezione civile e i vigili del fuoco consigliano di abbandonare le case perchè tutto peggiorerà; il prete del paese li' pronto a dire ai fedeli: -non vi preoccupate, il Signore ci salverà...

Il maltempo continua, e il livello del fiume ha quasi inghiottito mezzo paese, la gente abbandona le case, restano solo alcuni devoti e il prete nella chiesa, nel punto più alto della collina, che ripete: -non vi preoccupate, il Signore ci salverà...

Due settimane e ancora acqua, tutta la città è evacuata, tranne il prete, devotissimo, che resta a protezione della chiesa, arriva persino un elicottero dei vigili del fuoco , ma lui immobile e solo: -non vi preoccupate, il Signore mi salverà...

Tutto è ormai allagato, spunta solo il campanile con la croce, e li attaccato il sacerdote, quasi esausto: -non vi preoccupate, il Signore mi salverà...

Il paese è sommerso, per il prete non c'è più niente da fare: muore e dato che è pio, va in paradiso. Arrivato al cospetto del Signore, il prete gli chiede perchè nonostante le preghiere non l'abbia salvato, il buon Dio lo guarda e gli dice: -non ti sono bastate le previsioni del tempo, i pompieri, la protezione civile, persino l'elicottero? Che altro dovevo fare?

Non so bene la morale di questa storia, ma di sicuro so che la mano di Dio non è quella che tocca i bambini e protegge chi li tocca, e credo che non sia neanche quella che muove attraverso confessionali, o gruppi di esaltati tipo telemarketing, migliaia di voti da una parte all'altra.

Gaber in “Se io fossi Dio” diceva che gli schiaffi di Dio appiccicano al muro, speriamo giungano presto.


© salvatore digennaro


grazie


Ogni tanto c'è bisogno di dire grazie

La nebbia di primo mattino scompare nel primo sole caldo di marzo lasciando ai miei occhi lo skyline mozzafiato delle murge. Uno spettacolo che mi fa venir voglia di ringraziare iddio o chi ne fa le veci per cotanto dono, ma soprattutto chi di questa zona da tempo immemore s'è preso cura. Grazie all'esercito italiano, che proprio al centro del parco, ha costruito la polveriera più grande della nazione, e in più dei bei poligoni di tiro per tenersi allenati contro i bambini irakeni magari testando l'uranio impoverito. Grazie agli americani e alla Nato , che per anni hanno tenuto qui nascoste testate nucleari per il nostro bene e per la nostra protezione. Grazie ai professionisti della gestione dei rifiuti, sempre pronti ad individuare potenziali discariche discrete e a seppellirvi ogni ben di dio. Grazie assai agli agricoltori che hanno usato e testato pesticidi e diserbanti per portarci a tavola i frutti della nostra terra ed infiniti ringraziamenti a chi, per non essere da meno, ci ha nutriti con pane fatto dall'ottimo grano importato da Chernobyl. Grazie agli ecologisti fai-da-te, miracolosamente estinti dopo qualche finanziamento o qualche posticino strategico di lavoro. E grazie ai politici politichini politicanti e politicani, sempre pronti parcondicio a far del territorio cavallo di battaglia, almeno in campagna elettorale. Grazie mille ai bizzarri architetti che hanno reso particolare la zona con l'aiuto del cemento sparso a caso in deliziosi capannoni. E infine grazie a te, stupido abitante del territorio, che, catalogo trony alla mano, hai preso il nuovo frigorifero, e di buon mattino, carichi come croce sulle spalle il vecchio, e ti fai le scale fino al piano terra, graffi il portone e il muro e la vernice dell'auto, e con un'ernia che sta per esploderti, spendi 10 euro di benzina per arrivare in un posticino sicuro al centro della natura. E lì lasciare il rudere, monumento ai posteri. Davvero grazie......

© salvatore digennaro


C'E' POSTA PER TE


C'E' POSTA PER TE

L'insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dall'impossibilità di addormentarsi o di dormire per un tempo ragionevole durante la notte, un'amica fedele che ti si presenta puntuale al capezzale giusto un attimo prima di Morfeo sbarrandogli la strada come la più stakanovista delle sentinelle. Sono anni che puntualmente, mentre tuttattorno va tacendo, lei giunge, mi si piazza davanti e mi costringe ad attender l'alba. E allora cerco di sconfiggerla, leggendo oppure scrivendo, o dedicandomi a lavoro arretrato. Durante queste non rare nottatacce, talvolta mi vien fame e quindi vado, come un esploratore coraggioso, a recuperare viveri in un frigo perennemente vuoto. Il frigo vuoto è un disturbo figlio del precariato.
Quando l'appetito notturno supera i limiti di sopportazione, sovente mi porta ad uscire nel cuore del buio e a recarmi presso una panetteria che sforna la focaccia ancor prima dell'aurora: una splendida droga per le papille gustative. L'altra notte ho avvertito un certo languorino. Mi sono imbacuccato come l'omino michelin, e preso coraggio mi sono avventurato verso il panificio di fiducia quand'ecco che li ho visti, gli zombies del nuovo millennio, apparentemente usciti dal videoclip “thriller” di Michael Jackson. Una decina di anziani, a passo lento, si recavano alle 3 della mattina(o della notte) verso la sede centrale delle poste, un paio di loro avevano persino una sedia. Stupito, ho abbassato il finestrino e chiesto al vecchietto prossimo all'auto cosa ci facevano all'addiaccio, il vegliardo , occhi di ghiaccio mi ha detto:”E' per la pensione...ci mettiamo in coda aspettando che apre la posta, non riusciamo ad arrivare a fine mese e appena riscuotiamo abbiamo già tutte le scadenze che ci aspettano”, poi mi ha sorriso, ha aperto la sedia pieghevole che aveva con se, e si è seduto. Io, ebete, son ripartito, e mentre nel retrovisore vedevo la colonna silenziosa davanti all'ufficio ancora chiuso, ho pensato ad auto blu, decretini, portaborse e al nuovo millennio, ho scatarrato fuori dal finestrino immaginando mille e più volti al posto dell'asfalto e me ne son tornato ancor più triste a casa.


© salvatore digennaro


l'infine

L'infine Affonderemo danzando, come la sala da ballo del Titanic  o creperemo testando improbabili ricette. Berremo la cicut...