martedì 28 gennaio 2014

pugni chiusi


pugni chiusi

L'altro ieri un vento semisiberiano riecheggiava in Via Libertà, alle note dell'Internazionale, in una versione live degli Area.
C'era il funerale del Prof.
Nel grigioscuro da pomeriggio grigioscuro si salutava laicamente un pezzo di storia della mia città. Enzo Marchetti.
Il cappottino rosso di Silvia, la sciarpa verde di Laura  e il tricolore delle corone di fiori e della fascia del sindaco erano le uniche note cromatiche differenti dallo sfondo.
E la pioggerellina ogni tanto si mescolava alle lacrime che come rigagnoli scorrevano in rughe sempre più solcate.
Il mio amico piangeva incappucciato e rubicondo, nel suo eterno montgomery,  in ultima fila, seduto, suo padre.
La poesia che traspirava era a metà tra il funerale del Perozzi, e quello di Alfredo di Nuovo Cinema Paradiso.
Ma all'Internazionale, m'è sembrato di assistere ai funerali di Togliatti, con quei pugni chiusi che si ergevano al vento, frammisti a pugnetti e pugnette, è vero, ma una tenera e dolorosa nostalgia mi ha pervaso quando dita di mani e di braccia e di menti e di cuori le più differenti, dita raggrinzite, decise, e titubanti, e alcune, poche , giovani, si son chiuse in un pugno andando al cielo.
5 dita che si mettono assieme e diventano pugno, mai un'immagine così bella può far capire cosa significa l'Unirsi.
"Pugni chiusi, non ho più speranze, in me è la notte, c'è la notte più nera" cantavano "i Ribelli" nel 66, su un brano di quelli da lento struscio clandestino, troppo somigliante a "When a man, loves a woman" di Percy Sledge.
Si usava allora, scimmiottare gli americani, all'amatriciana, prendere dal soul d'oltroceano e appiccicarci il bel canto italiano.
Tipo la politica di oggi, scimmiottare gli americani all'amatriciana. E non c'è manco il soul, e manco il bel canto.
I ricordi del prof e del suo pensare che ha fatto scuola, venivano snocciolati come perline da rosario da alcuni suoi ragazzi che ne piangevano la dipartita, e li proiettavano nelle menti di chi ha avuto il piacere  di conoscerlo.
E non son mancati gli Alleniani Zelig di circostanza. Ma quelli, ci stan sempre.
Io il prof l'ho incrociato nella mia vita e ne ho assaporato il carisma.
Al funerale del fratello del prof., altra grande persona, scrissi su un manifesto funerario una frase di Shakespeare: "La morte, questo fiero sergente, è severa nella sua custodia.".
Quando lo affissero, mi sentii dare una sberla affettuosa, mi girai, era il prof che mi disse in dialetto" ha stat capace d farm chiange !" (sei stato capace di farmi piangere).
Caro prof, ti rispondo, "pour tu" (anche tu).  E i pugni chiusi al tuo funerale, aggiungo.


© salvatore digennaro





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