venerdì 10 gennaio 2014

vendesi


vendesi




Stamane ero in giro a far commissioni nella mia ridente cittadina, cazzo avrà da ridere è un mistero. Finalmente son passate le feste, sono scomparse quasi del tutto le ammorbanti lucine a festa e tacciono gli altoparlanti che filodiffondevano le canzoncine di Natale dono dell'attuale amministrazione; distrazione di massa in salsa berluscoide, classico stiamotuttibene che fa scuola.
Ho notato che ogni 10 metri al massimo, i palazzi del centro si son riempiti di graziosi talloncini colorati, da lontano sembrano pittoreschi addobbi carnevalizi, ad una attenta analisi si tratta di multicolori annunci di vendesi o affittasi. In pratica è cominciata, figlia della recessione, la svendita degli immobili di famiglia: locali, appartamenti, palazzi, in esposizione permanente, messi sul mercato. Una famiglia su 3 sta cedendo o tenta di cedere il bene primario per eccellenza: la casa.
Le abitazioni, frutto del boom e post boom degli anni 60, frutto del sacrificio di tante famiglie, di tanti mutui e tanti capofamiglia in Germania a far fortuna, son diventate intralcio scomodo, patata bollente, bene di cui liberarsi, complici le tasse allucinanti utili a rimpinguare inutili panciuti che dovrebbero rappresentarci e invece han trovato l'america e campano sul lavoro altrui.
Vendesi, affittasi, sono a bizzeffe, coloratissimi annunci, focolari domestici a buon mercato che si presteranno a speculazioni e ribassi, e porteranno la maggior parte dei panciuti di cui sopra ad aumentare i propri patrimoni immobiliari, e le famiglie che già mangiano in caritas, con padri che van vagando per le strade, parlando da soli, senza manco l'illusione di un lavoro, a perdere le proprie tane.
Poi i locali dove vendevano vestiti, o cibi di qualità, le bottegucce di ferramenta o di materiale elettrico, i pizzicagnoli, son serrande serrate ormai, con talloncini anonimi che dicono: vendesi attività, oppure vendo in blocco intero magazzino, o ancora affittasi locale commerciale.
E come per magia si aprono bazar di prodotti cinesi, oppure ancora centri scommesse o piccoli casinò.
Questa la fine dell'Italia: la fine della casa, vessata da imposte assurde: non è bastato spendere per costruirsela, si tassa un tetto per mantenere consulenze inutili e inutili esperti di questo o quel cazzo, o per finanziare eventi indubbi o le lucine di cui sopra. La fine del piccolo commercio e dell'artigianato, sotto la mannaia delle banche, tra l'incudine cinese ed il martello dei centri commerciali. E la speranza di fortuna, con le scommesse o i videopoker o le slottine, condonate dallo Stato che è sempre più "stato" come verbo e che non "è". Se poi si pensa che l'attuale segretario del partito di maggioranza ha cominciato la sua carriera vincendo alla ruota della fortuna, il quadro è quasi del tutto definito.
Ma fortunatamente basta poco per rendere felici gli italioti d'ogni luogo: un messaggio a reti unificate, due lucine, due  proclami, quattro canzoncine, un po di fumo, cinque parole di autoincensamento in un social network, in puro stile arcoriano, e l'alternarsi oratorio tra il nulla e l'ovvio. E passando per il carnevale, attenderemo una pasquetta per poi arrivare alle agognate ferie.

© salvatore digennaro

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