lunedì 6 maggio 2013

coccodrillo




Gli editorialisti di tutta Italia han fatto fatica a cercare nella cartella coccodrilli, l'articoletto post mortem belleffatto per la dipartita di Andreotti, non si trovava, son scesi nell'archivio storico non digitalizzato per trovarne uno da aggiornare, scovandolo in una cartella impolverata; era scritto ancora con la "lettera 22". La stessa che usava Montanelli.
Copiosi i coccodrilli fioccano come papaveri nei campi: democristiano, padre costituente, sette volte presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque ministro degli Esteri, è stato agli Interni e all'Industria, al Bilancio e all'Economia, è stato il braccio destro di De Gasperi, è stato il personaggio più sinistro della storia repubblicana, prescritto per il delitto di associazione a delinquere fino alla primavera del 1980 e assolto per il reato di associazione mafiosa dal 1980 in poi, è stato memoria storica e occulta del paese, mandante occulto e burattinaio e, fino ai giorni nostri, senatore a vita. Abile con le parole, arguto e ironico, spudoratamente stronzo con aplomb. Giulio il grande ha rappresentato non il Potere, ma  i Poteri, tutti, indistintamente. Ad Andreotti non piaceva il neorealismo, perché disegnava l'Italia com'era, e non come doveva essere mostrata. A tal proposito ebbe a dire che "i panni sporchi si lavano in casa". "Umberto D." di Vittorio De Sica racconta la storia di un pensionato ridotto alla miseria. Il film di De Sica ancora oggi non può essere trasmesso in Tv in prima serata, perché fu bollato dalla commissione censura (della quale Andreotti faceva parte) come "disfattista". E qualcun altro che  è pure il padrone della medusa film e controlla gran parte dei cinema, delle tv, dell'editoria e della distribuzione in Italia, nonché che tiene i fili da 20 della serva Italia, in occasione d'uscite di film come "Gomorra" o "il Divo" ebbe a ribadire lo stesso concetto dei panni sporchi. Si sussurra che il buon dio stia chiamando a se i vegliardi della politica italiana in ordine alfabetico, dopo la A verrebbe la B, addiopiacendo. Ma del biscione non aveva la volgarità Andreotti, ed era uomo dotto e penna fine. Montanelli lapidario scrisse con la sua Lettera 22: " Sempre più si diffonde sulla nostra stampa il brutto vezzo di chiamare Andreotti col nome di Belzebù. Piantiamola. Belzebù potrebbe anche darci querela". La Fallaci aggiunse: "Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome. Poi, d'un tratto, compresi che non era disagio. Era paura. Quest'uomo mi faceva paura. Ma perché?".  E sopravvissuto ad entrambi, e anche a Cossiga, col quale si porta nella tomba una altra bella fetta di italici indicibili segreti. Moro gli scrisse dalla prigionia BR: "Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell’ insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un pò più, un pò meno, ma passerà senza lasciare traccia.". Come si sbagliava. Ad Andreotti sono spravvissuti solo Licio Gelli, e  Hans Lipschis, una delle guardie di Auschwitz,  stanato ed arrestato a 93 anni, . Ma quella è appunto,la Germania. 



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