compartilhar saudade
Saudade è una parola propria
della cultura lusitana, indica una forma di melanconia, affine alla
nostalgia. Dal latino solitùdo, solitudinis, solitudine,
isolamento e salutare, salutatione, saluto; è un ricordo
nostalgico di qualcosa di assente, accompagnato da un desiderio di
riviverlo o di possederlo. In molti casi un termine quasi mistico:
accettazione del passato, fede nel futuro e nella giustizia, speranza
mai sopita anche quando utopicamente irraggiungibile, malinconica
allegria. La si può intendere appena ascoltando il FADO oppure la
BOSSANOVA, ma per comprenderla del tutto bisogna essere portoghesi,
capoverdiani o brasiliani oppure aver provato l'ebbrezza di quei
luoghi, averne assaporato l'aria, e gli odori, i suoni e i sapori. Un
biglietto di sola andata verso questa quasi nascosta sfaccettatura
dell'anima: non è possibile tornare indietro. Una lente con la quale
osservare il mondo e la sua storia mescendola alla propria storia
personale, un'agrodolce cartina di tornasole sull'esistenza. Non
esiste una parola italiana che riesce a tradurre un tal oceano di
significati.
Compartilhar è
un altro termine intraducibile dal portoghese: indica condividere,
spartirsi il pane, comunione, comunanza, quasi a diventare tuttuno,
vivere assieme la passione soffrendo e gioendo, struggendosi e
venendone a capo insieme, unione di intenti e di obbiettivi.
Forse per
l'intraducibilità, o per la mancanza di lusitanità, o per la
differenza di microclima, agli italioti di nuovo millennio,
bersagliati catodicamente da Defilippate varie, con tutto ciò che
accade prodotto da consumo e potenziale suoneria per telefonino,
inconsapevolmente lobotomizzati da generazioni dalla Telecrazia
Parlamentare Mondial casa, prossima alla Videocrazia Presidenziale
Mediashopping, questi stati di coscienza, peraltro latini, non
appartengono minimamente. Guai a chi queste parole le ha ormai nel
DNA. Magra consolazione: un giorno, non proveranno saudade di tutto
questo.
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