lunedì 15 aprile 2013

Le puglie migliori



Ho la sfacciata fortuna di esser nato in una delle terre più deliziose della, nonostante gli italiani, bella Italia: la Puglia. E per lavoro, amore, studio, impegni, svago o pura curiosità, la mia regione la conosco; conservo in un hard disk piantato tra l'aorta e l'intenzione, dicendola alla De Andrè, le cartoline più belle e le più controverse, le più assurde e le più pessime.
E ne ricordo gli odori e le puzze, le zone di luce e le discariche abusive, le facce di merda e le facce belle, le estati assolate e i rigidi inverni. Ne ho assaporati i pochi monti e i mari, ma l'entroterra l'ho vissuto, marchiato a sangue sulla mia pelle come il sole della mietitura.Quella strana cosa detta murgia. E ricordo pure le lacrime tra la mia barba, il giorno che decisi di lasciarla per andarmene a studiare, piangevo il mio cordone ombelicale,
E ricordo puranche il ritorno alla mia terra, colmo di intenzione, e sogno, era il 2003. E barcanmenandomi come un caronte qualsiasi, nei miei sogni individuali e collettivi, incontrai un sogno comune nuovo, l'ascesa in regione di un uomo di sinistra, giovane, gay, comunista, cattolico, antimafia, tal Niki Vendola. Un profumo di nuovo si impadroniva della mia Puglia, condita dei migliori entusiasmi. Primarie ed elezioni. Cinque anni di bella semina e belle idee, con un neo chiamato Tedesco, ma con un respiro nuovo. Dopo altri cinque anni, il Vendola si riconferma governatore, ma qualcosa , inesorabilmente, cambia. La corte del presidente si riempie di fedelissimi a senso unico, folle di scherani occupano i posti che contano, chiudendo, di fatto ad altre idee e altre anime le porte della regione, autoproclamandosi "la Puglia Migliore". Andreotti ebbe a dire: il potere logora chi non ce l'ha, io aggiungerei che modifica geneticamente chi ce l'ha. Gli unti dal Signore di Terlizzi, pian piano sgretolano i fili che tenevano legati le varie e multiformi basi al leader carismatico dalla erre moscia. Una élite da una parte, baricentrica e lacchè, e il popolo, arrabbiato e deluso che abita le periferie, che non si riconosce più nel rivoluzionario gentile e nei manco troppo gentili cortigiani. L'altro ieri 150.000 pugliesi osannavano, a Bari,  in Piazza della Libertà, il troll di Arcore, nuovamente dato per morto e resuscitato a vita nuova. Persino Emiliano lo omaggiava con uno striscione di benvenuto. Tipo l'unico dei 3 porcellini in vita che da il benvenuto al lupo cattivo. E frattanto le puglie escluse dai salottini della rivoluzione scappano via, oppure si isolano nelle proprie manco troppo dorate celle. E il sogno collettivo inesorabilmente spegne anche quelli individuali. E quel "o con noi o niente" diventa prassi dal più piccolo villaggio sino ai palazzi della Regione. E come una boutique con una vetrina sfavillante ma dagli scaffali vuoti, il marketing incanta fuori e consunge dentro, ed io cerco invano in un cassetto che fine ha fatto il sogno.


© salvatore digennaro


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